"Dentro lo schermo" di Paolo Ferri
Da unacittà.it
Intervista a Paolo Ferri.
I Nativi Digitali incontrano sempre più spesso gli schermi interattivi e questo cambia il loro modo di rappresentarsi il mondo da qui la sfida per gli insegnanti di appassionare i ragazzi più vispi e informati, che tuttavia hanno difficoltà di rielaborazione.
Articolo davvero interessante che spiega come la nascita degli schermi interattivi come mezzi di comunicazione abbia cambiato il nostro modo di apprendere e comunicare. Col vecchio televisore l'unica interazione era l'azione di premere il tasto di accensione, i mezzi di oggi al contrario necessitano della nostra interazione, è il FARE che coinvolge i nostri bambini e li rende protagonisti dei diversi processi.
l’idea è che l’interazione con un contesto culturale che si è trasformato in maniera radicale negli ultimi, diciamo, quindici anni (oggi la tecnologia è onnipresente nelle case e sono diventati tutti schermi interattivi; il meno interattivo, paradossalmente, è quello del computer, che richiede ancora la mediazione del mouse) trasformi proprio non solo le modalità di gioco, ma anche quelle di apprendimento, e in generale il modo in cui i bambini vedono e rappresentano il mondo. O vedono e costruiscono il mondo. Questo in chiave non deterministica, nel senso che serve l’interazione con la macchina, o meglio l’interazione "collaborativa” con la macchina. È difficile vedere un bambino da solo davanti alla console, a meno che non glielo dia il genitore; se li vedi al parco, sono un crocchio attorno alla console o un crocchio attorno al tablet perché così si divertono di più, perché non è che poi i bambini sono cambiati, cioè stare con gli altri gli piace molto di più che stare da soli, che ci sia o che non ci sia la tecnologia. Alcune costanti antropologiche permangono. Infatti, alla domanda: "Qual è la cosa che ti piace di più nel videogioco?”, la risposta è: "Giocare con gli altri miei amici”.l’idea è che l’interazione con un contesto culturale che si è trasformato in maniera radicale negli ultimi, diciamo, quindici anni (oggi la tecnologia è onnipresente nelle case e sono diventati tutti schermi interattivi; il meno interattivo, paradossalmente, è quello del computer, che richiede ancora la mediazione del mouse) trasformi proprio non solo le modalità di gioco, ma anche quelle di apprendimento, e in generale il modo in cui i bambini vedono e rappresentano il mondo. O vedono e costruiscono il mondo. Questo in chiave non deterministica, nel senso che serve l’interazione con la macchina, o meglio l’interazione "collaborativa” con la macchina. È difficile vedere un bambino da solo davanti alla console, a meno che non glielo dia il genitore; se li vedi al parco, sono un crocchio attorno alla console o un crocchio attorno al tablet perché così si divertono di più, perché non è che poi i bambini sono cambiati, cioè stare con gli altri gli piace molto di più che stare da soli, che ci sia o che non ci sia la tecnologia. Alcune costanti antropologiche permangono. Infatti, alla domanda: "Qual è la cosa che ti piace di più nel videogioco?”, la risposta è: "Giocare con gli altri miei amici”.l’idea è che l’interazione con un contesto culturale che si è trasformato in maniera radicale negli ultimi, diciamo, quindici anni (oggi la tecnologia è onnipresente nelle case e sono diventati tutti schermi interattivi; il meno interattivo, paradossalmente, è quello del computer, che richiede ancora la mediazione del mouse) trasformi proprio non solo le modalità di gioco, ma anche quelle di apprendimento, e in generale il modo in cui i bambini vedono e rappresentano il mondo. O vedono e costruiscono il mondo. Questo in chiave non deterministica, nel senso che serve l’interazione con la macchina, o meglio l’interazione "collaborativa” con la macchina. È difficile vedere un bambino da solo davanti alla console, a meno che non glielo dia il genitore; se li vedi al parco, sono un crocchio attorno alla console o un crocchio attorno al tablet perché così si divertono di più, perché non è che poi i bambini sono cambiati, cioè stare con gli altri gli piace molto di più che stare da soli, che ci sia o che non ci sia la tecnologia. Alcune costanti antropologiche permangono. Infatti, alla domanda: "Qual è la cosa che ti piace di più nel videogioco?”, la risposta è: "Giocare con gli altri miei amici”.
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